Abbiamo già parlato della tendinopatia achillea e di quali fossero i trattamenti più efficaci in un articolo precedente.

 

 

Nel 2021 è stata formulata una linea guida che riassume le migliori evidenze su come trattare la tendinite d’achille, o meglio tendinopatia.

 

 

 

Gli autori hanno formulato una revisione sistematica della letteratura (tutti gli articoli scientifici sul tema in buona sostanza) a cui si sono aggiunte informazioni provenienti da professionisti sanitari e pazienti, strategia sempre più diffusa, che permette la visione più ampia possibile del problema.

 

 

La Tendinopatia, definita nel Simposio ICON 2019 come: “dolore tendineo persistente e perdita di funzionalità nel carico meccanico” è un disturbo che colpisce soprattutto il tendine d’achille nei runner, che hanno il 52% di probabilità di soffrirne prima o poi nella vita.

 
 

 

Questo studio riassume, confermandole, le indicazioni esistenti nella gestione e nel trattamento della tendinopatia d’achille

 

 

 

Le cause, e quindi i fattori di rischio non sono ancora chiare, quindi al momento è difficile profilare il paziente a rischio, anche se sappiamo che le sollecitazioni poco lineari es. aumenti bruschi dei km o dell’intensità della corsa e un precedente infortunio sono da tenere in conto.

 

 

Esistono dati concreti che associano le patologie tendinee all’uso massiccio di antibiotici, in particolare nella categoria dei fluorochinoloni, fatto rimarcato anche dall’A.I.FA.

 

 

La diagnosi di tendinopatia deve essere clinica, sulla base di 4 punti:

 

sintomo localizzato sul tendine, dolore provocato dalle attività in carico, presenza di ispessimento tendineo, dolorabilità alla palpazione.

 

 

Se tutti e quattro i criteri diagnostici sono presenti si rende inutile l’utilizzo dell’imaging, che si deve riservare ai casi pochi chiari, dove il sintomo non è coerente, o nel caso di improvvisa modifica dei sintomi.

 

 

 

L’esame strumentale da preferire, quando necessario, è l’ecografia, o in alternativa la risonanza magnetica.

 

 

Gli autori sottolineano come il clinico che valuterà l’immagine debba avere sufficiente esperienza e competenza nel campo specifico, per poter interpretare e comunicare al paziente correttamente la rilevanza clinica delle immagini, che sappiamo essere poco chiara.

 

 

La presenza di alterazioni, anche gravi, no è di per sé la conferma di un disturbo tendineo, in assenza di segni clinici coerenti, proprio per questo motivo è essenziale seguire il corretto iter diagnostico.

 

 

I referti che possono esser significativi sono aumento dello spessore, alterazioni del collagene e neovascolarizzazione, nel caso di tendinopatia inserzionale anche calcificazioni nel calcagno.

 

 

Il consulto specialistico è da effettuarsi qualora ci sia incertezza della diagnosi (ortopedico o medico dello sport), una commorbidità di spondiloartrite (reumatologo), ipercolesterolemia familiare (medico generico), per poter svolgere diagnosi differenziale.

 

 

Dopo la diagnosi, è importante capire quali siano le capacità di carico del paziente, essenziali nella valutazione fisioterapica, per personalizzare il trattamento

 

 

Tuttavia viene ribadito che gli elementi che raccoglieremo non devono essere utilizzate in senso prognostico, in quanto attualmente non abbiamo dati chiari sul tema.

 

 

Il trattamento elettivo della tendinopatia d’Achille è attivo, con rinforzo dei muscoli del polpaccio e della catena cinetica per almeno 12 settimane

 

 

Inoltre è fondamentale l’educazione del paziente in merito ai carichi stressanti per il tendine (tensili, compressivi, etc…) e programmazione del loro ripristino in maniera graduale.

 

 

 

Dopo 3 mesi di trattamento, se non sono stati riferiti miglioramenti, possono essere introdotte varie terapie aggiuntive, come le onde d’urto o altre modalità passive (massaggi, frizioni, elettroterapie, terapie infiltrative), senza interrompere il rinforzo muscolare.

 

 

Dopo 6 mesi di trattamento attivo, in assenza di miglioramenti, è possibile valutare il trattamento chirurgico, discutendone rischi e benefici

 

 

Gli autori chiariscono espressamente che gli approcci “wait and see” sono fallimentari, in quanto portano a benefici minimi.

 

 

Per misurare i progressi del trattamento è utile il questionario VISA-A, validato anche in italiano, una raccolta di domande sulla funzionalità percepita del paziente, che ci permetterà di valutare i miglioramenti nelle attività quotidiane e sportive.

 

 

È importante che il rinforzo attivo venga proseguito per alcuni mesi (non meno di tre) prima di un ritorno completo alle normali attività e che venga proseguito per questa forbice di tempo anche in assenza di sintomi.

 

 

La maggior parte dei pazienti recupera bene da una tendinopatia achillea, solo circa il 25% sviluppa sintomi persistenti a distanza, ma è essenziale che questi vengano inquadrati correttamente e che non perdano tempo dietro a trattamenti inutili, come esercizi posturali, tecarterapia etc…

 

de Vos R-J, van der Vlist AC, Zwerver J, et al.
Br J Sports Med Epub ahead of print: [please include Day Month Year]. doi:10.1136/ bjsports-2020-103867

Trattamento della tendinopatia d’achille – linee guida 2021

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