Se dovessi scegliere un superpotere in ambito sportivo non avrei dubbi, vorrei non subire mai un singolo infortunio, più o meno grave che sia!

 

 

Essere costretti a interrompere gli allenamenti e soprattutto le giornate in falesia per giorni o settimane è una seccatura terribile, che sia a causa di una lesione della puleggia o per una banale ferita sul polpastrello.

 

 

 

Visto che, ahimè, i superpoteri non esistono tocca rassegnarsi e provare a capire come prevenire gli infortuni in arrampicata.

 

 

 

Sul tema specifico non esiste una grande quantità di letteratura scientifica, quindi possiamo proporre delle regole di buon senso, ragionare su quelli che sono i fattori di rischio e provare ad  adattare al nostro sport quello che funziona da altre parti, come calcio, rugby etc, sport meno di nicchia, che, comprensibilmente, attirano più interesse da parte degli studiosi.

 

 

Visto il crescente interesse per l’arrampicata, almeno nella sua forma sportiva (vedi Tokyo 2020 e Paris 2024) ci aspettiamo che si renda disponibile una maggiore mole di evidenze in merito.

 

 

La più recente revisione della letteratura nel 2020, a firma (tanto per cambiare) del noto medico Volker Schoffl, cita una serie di fattori da tenere in considerazione, perlopiù sulla base delle opinioni degli esperti.

 

 

Un buon riscaldamento e la corretta idratazione sono comunemente ritenuti una arma fondamentale nella lotta agli infortuni, specialmente nelle sessioni molto impegnative o quando le condizioni ambientali sono già sfavorevoli, ad esempio climi molto caldi o molto freddi.

 

 

Lo stile di vita generale di un atleta influisce indubbiamente sulla sua performance e sul suo tasso di infortuni, ad esempio in uno studio su atleti di endurance si è notato che una durata media del sonno inferiore alle 7 ore aumentava il tasso di infortuni del 51%!

 

 

Uno stile di vita sano, basato su buona alimentazione, regolarità nel sonno e nelle sessioni di allenamento è sicuramente la base da cui partire per prevenire efficacemente gli infortuni.

 

  

 

 

Andando ad analizzare i fattori di rischi infortuni nell’arrampicata notiamo subito che molti di essi non sono modificabili, ad esempio l’ età, gli anni di esperienza oppure modificarli non è auspicabile,

 

 

 

chi vorrebbe scalare un grado sotto al proprio o modificare lo stile delle vie per una questione di prevenzione infortuni???

 

 

Un fattore parzialmente modificabile è il fatto di aver già subito un infortunio, non possiamo tornare indietro nel tempo certamente, ma possiamo fare in modo di dedicarci in modo approfondito alla corretta riabilitazione, per tornare sulla roccia con la maggiore tranquillità possibile.

 

 

 

L’altro campo dove possiamo lavorare concretamente sulla prevenzione degli infortuni è l’allenamento, una buona programmazione, con tempi di recupero adeguati è vitale per evitare traumi da sovraccarico.

 

 

 

Per proteggerci da eventi acuti invece, come per esempio una lesione della puleggia, una strategia che si è rivelata di grande importanza in altri sport è avere buone capacità condizionali.

 

In particolare sembra essere fondamentale la forza, una esposizione graduale a dei monoditi con un rinforzo specifico progressivo è sicuramente un fattore di protezione per quando poi ci troveremo ad affrontare quel passaggio delicato con un microbuco.

 

 

Una strategia diffusa a livello di prevenzione è la fasciatura delle dita, in particolare per proteggere le pulegge, abbiamo già parlato di questo argomento nel quarto capitolo dedicato all’argomento, se l’utilizzo dell’h-tape dopo una lesione conclamata sembra avere la sua importanza.

 

 

 

Tuttavia farlo a scopo preventivo è inutile, addirittura in uno studio1 si è osservato che fasciare le dita aumenterebbe il tasso di infortuni!

 

 

 

Andando sul lato tecnico si ritiene che limitare alcune forme di allenamento specifico es. pan Gullich o sessioni di presa arcuata (full crimp), sospensioni massimali con aggiunta di peso (MAW) possa aiutarci, personalmente mi piace parlare di contestualizzazione del training specifico, più che limitare tout court.

 

 

Se da un lato è ovvio che evitare di esporci ad alti carichi ci protegge dal farci male, è vero che è impossibile diventare grandi atleti facendolo, inoltre allenare un gesto mi rende più caricabile, più in grado di svolgerlo in tranquillità.

 

 

 

Quindi serve un ragionamento e una analisi del rischio-beneficio in ogni atleta, dall’amatore che scala due settimane all’anno al top climber.

 

 

 

Un aspetto marginale, ma facile da controllare, sono i piccoli infortuni a carico di schiena, caviglie e ginocchia che derivano dall’abitudine di lasciarsi cadere dall’alto sui materassi nelle palestre indoor, i gestori di sala in particolare hanno il compito di educare in questo senso.

 

 

In arrampicata la mobilità degli arti è di notevole importanza, pensate a movimenti di incastro, lolotte, migliorare il proprio range articolare è quindi una cosa ottima, anche per evitare di stressare eccessivamente le strutture nel momento del bisogno.

 

 

Ricordiamoci tuttavia che non serve esagerare, alleniamo la mobilità necessaria ai nostri gesti e dedichiamo il resto del tempo alla nostra tecnica di arrampicata!

 

 

Tema scottante per questa disciplina, il controllo del peso, sappiamo tutti quanto essere leggeri sia di aiuto nella scalata, anzi, ad essere precisi quello che conta è il rapporto tra quanto pesiamo e quanto forza o potenza riusciamo ad esprimere.

 

 

 

Purtroppo per tutti gli amanti del giropizza perdere un chilo migliora questo rapporto molto più di aggiungerlo alle nostre sospensioni massimali.

 

 

 

Meglio quindi mantenere un fisico asciutto, senza dubbio, ma attenzione agli eccessi!

 

 

Oltre alle ovvie e importanti ripercussioni che può avere sulla nostra salute dal punto di vista fisico e psicologico, un calo di peso incontrollato farà calare le nostre performance!

 

 

La RED – S ovvero il deficit energetico relativo nello sportivo è un disturbo sempre più frequente negli sport dove il peso ha un ruolo chiave, pensate anche a quelle discipline sottoposte al controllo del peso, come la boxe.

 

 

Alcuni studi hanno evidenziato come l’indice di massa corporea (BMI) nei climber d’élite sia inferiore anche ai corridori su lunga distanza.

 

Per controllare il fenomeno, la Federazione Internazionale di Arrampicata Sportiva (IFSC) ha stabilito dei valori limite 2 del BMI, (17,5 e 18,5 per donne e uomini rispettivamente), sotto ai quali l’atleta e il medico sociale devono provvedere a valutazioni e terapie per un potenziale disturbo alimentare.

 

 

 

Per quanto riguarda il giovane atleta, oltre a tutto ciò che abbiamo menzionato finora, dobbiamo fare particolare attenzione alle fratture epifisarie da stress delle dita, ovvero fratture causate da un carico importante su ossa ancora in fase di accrescimento.

 

 

Gli autori suggeriscono di fare astenere dalle competizioni di alto livello in disciplina boulder gli atleti con età inferiore ai 16 aa e di evitare l’allenamento specifico delle dita con l’aggiunta di peso addizionale (es. MaxHang MAW).

 

 

 

 

 

Se sei arrivato fino in fondo all’articolo, e ti ha preso lo sconforto nel vedere quanti aspetti vanno presi in considerazione per prevenire gli infortuni in arrampicata, allora ti meriti un incoraggiamento!

 

 

 

Se è vero che la mole di lavoro può sembrare tanta, è altrettanto vero che anche lavorare su uno solo degli aspetti ridurrà la probabilità di incorrere in un infortunio, quindi scegli quello che ti è più congeniale e mettiti sotto!

 

 

  1. Josephsen G, Shinneman S, Tamayo-Sarver J, et al. Injuries in bouldering: a prospective 
study. Wilderness Environ Med 2007;18:271–80. 

  2. Olympic competition climbing: the beginning of a new era—a narrative review, Christoph Lutter, Thomas Tischer, Volker Rainer Schöffl
  3. Comprehensive Review of Rock Climbing Injuries, Keegan P. Cole, MD Richard L. Uhl, MD Andrew J. Rosenbaum, MD, J Am Acad Orthop Surg 2020;28: e501-e509

La prevenzione degli infortuni in arrampicata

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